Isaia 35,1-10; Salmo 145;
Giacomo 5,7-10; Matteo 11,2-11
Giovanni è in prigione; si aspetta di essere liberato, così come tutti in Israele attendono un Messia potente che li liberi dall’oppressione dei Romani. Ma la scarcerazione non giunge e Giovanni comincia a dubitare che Gesù sia realmente il Messia.
Giovanni rappresenta la figura dell’uomo di fede che si pone il dubbio su cosa significhi concretamente la misericordia di Dio. Il dubbio di Giovanni, in qualche modo, accomuna tutti noi nel nostro cammino di fede. Avere dubbi ed incertezze è normale in un percorso di ricerca. La fede granitica, mai sottoposta a confronto, acritica, invece può sconfinare nel fanatismo o nell’intransigenza, diventando poco misericordiosa. Anche a noi può succedere, dopo tanti anni di educazione religiosa e di frequentazione attiva della parrocchia e della messa e di impegno nel sociale,
di aspettarci che il messaggio cristiano sia stato compreso, che la società debba essere migliore, più civile e giusta,
che la Chiesa sia diventata vera testimone di Cristo; proviamo delusione per ciò che non è successo e incomprensione
e stupore per i dubbi e le incertezze che hanno portato molti ad allontanarsi dalla pratica della fede.
Forse anche noi ci siamo irrigiditi nelle nostre “certezze”? La risposta di Gesù a Giovanni che dubita è di osservare la realtà: ciò che aveva predetto Isaia si sta concretizzando: i ciechi vedono, i sordi odono, gli storpi camminano. Questi fatti concreti sottendono un discorso di più ampio respiro: il cieco che non vede è colui che perde l’orientamento e smarrisce la via; il sordo è colui che ascolta solo se stesso e fatica a percepire le esigenze del prossimo e del mondo circostante; lo storpio è colui che non muove un passo e che si aspetta tutto dagli altri.
È l’incontro con Gesù il Messia e con la Parola che trasforma ed illumina determinando il vero cambiamento che avviene in noi stessi.
Nadia, Barbara, Cino.