Dopo averci dato alcune dritte su come deve essere vissuta la santità a livello personale, il papa, nel secondo capitolo, affronta un argomento difficile: quali sono i nemici della santità nella società di oggi? A sorpresa ci ricorda due eresie già presenti nei primi secoli: lo gnosticismo e il pelagianesimo, cioè “due forme di sicurezza dottrinale o disciplinare che danno luogo «ad un elitarismo narcisista e autoritario dove, invece di evangelizzare, si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare. In entrambi i casi, né Gesù Cristo né gli altri interessano veramente» (GE 35). Lo gnosticismo nasce ad Alessandria d’Egitto tra il II e il III secolo e sostiene che ”la salvezza dipende da una forma di conoscenza superiore e illuminata (gnosi), frutto del vissuto personale nella ricerca della Verità”. Quante volte abbiamo detto: non capisco perché non è secondo i miei schemi e quindi non credo; quante persone incontriamo, purtroppo anche giovani, che ci dicono che la nostra fede non ha nulla da condividere con i loro ragionamenti? Il papa ci dice: “Lo gnosticismo suppone «una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza (concretezza – ndr) della sua
propria ragione o dei suoi sentimenti» (GE 36). È tipico degli gnostici credere che con le loro spiegazioni possono rendere perfettamente comprensibili tutta la fede e tutto il Vangelo. […] Una cosa è un sano e umile uso della ragione per riflettere sull’insegnamento teologico e morale del Vangelo; altra cosa è pretendere di ridurre l’insegnamento di Gesù a una logica
fredda e dura che cerca di dominare tutto (GE 39).
-CB