Siamo giunti alla terza beatitudine: «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati». È una beatitudine che mi ha sempre creato un po’ di problemi: come si può essere beati quando si è nel pianto? Il papa però cambia prospettiva e ci ricorda che spesso siamo portati a ignorare, a “guardare dall’altra parte quando ci sono problemi di malattia o di dolore in famiglia o intorno a noi”. Il mondo non vuole piangere: preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle, nasconderle. Si spendono molte energie per scappare dalle situazioni in cui si fa presente la sofferenza, credendo che sia possibile dissimulare la realtà, dove mai, mai può mancare la croce. La persona che vede le cose come sono realmente si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore, è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice. Quella persona è consolata, ma con la consolazione di Gesù e non con quella del mondo. Così può avere il coraggio di condividere la sofferenza altrui e smette di fuggire dalle situazioni dolorose. In tal modo scopre che la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri. L’invito è quindi di accorgerci di chi sta nelle difficoltà ed essere consolatori. […] Saper piangere con gli altri, questo è santità. (GE 75-76)
CB