Dopo l’ascolto della parola e l’omelia, che mette in evidenza il dialogo che avviene anche oggi tra Dio e il suo popolo, che siamo noi, nelle domeniche e nelle festività solenni i fedeli sono invitati a recitare il Credo. Contrariamente a quanto possa apparire, non è una preghiera, ma una professione di fede. La liturgia ne propone due formule: * Il Simbolo apostolico: un testo del II secolo, nato nella liturgia del battesimo. * Il Simbolo niceno-costantinopolitano: che è uno sviluppo di quello apostolico, arricchito con le affermazioni cristologiche e sullo Spirito Santo frutto di due dei primi concili, quello di Nicea (325 d.C.), con la sua stesura di base, e quello di Costantinopoli (381 d.C.), con la sua stesura definitiva giunta sino a noi. Quest’ultimo è quello che normalmente la liturgia ci propone ed è una professione di fede relativa all’unicità di Dio, alla natura di Gesù e alla trinità delle persone divine, conferma e celebra l’adesione dei fedeli e della comunità alle verità proclamate dalle letture. La sua formulazione è stata fatta molti anni fa, ed ha radici già nelle prime comunità cristiane, la sua lettura risulta forse non troppo facile, ma se riprendiamo questo testo con calma, personalmente, in famiglia, nei nostri gruppi di riflessione, soffermandoci sulle affermazioni in esso contenute, chiedendoci che cosa queste vogliano dire a noi oggi, nella nostra realtà quotidiana, scopriremo l’immenso valore che esso racchiude e che, nel contempo, ci può aiutare ad approfondire la nostra fede.
Carlo