Don Paolo Tomatis, Direttore dell’Ufficio Liturgico della nostra Diocesi, ha scritto un interessante articolo su “La Voce ed il Tempo” dell’11 giugno scorso per far riflettere sul ministero prezioso e delicato del canto. Prezioso, perché senza il canto la lode è come una candela che rimane spenta. Delicato, perché esposto alla passività di chi è poco sensibile a cantare ed a far cantare e per l’attivismo di chi si impossessa della celebrazione, senza riguardo all’Assemblea e allo spirito della liturgia. Si sa che chi sceglie i canti non riesce ad accontentare sempre tutti, ma il canto si fa ministero se, con pazienza e tenacia, raggiunge uno stile condiviso. L’armonia del canto e della musica appartengono a tutta la Chiesa e all’intera Assemblea e sono al servizio della liturgia.
Con questa concretezza, don Paolo ha esaminato i diversi modi con cui il servizio del canto si realizza. Si è chiesto cioè: “Ma è proprio necessario che tutti cantino? Non basta ascoltare e rispondere con le diverse preghiere alle parole del rito?” La risposta che don Paolo si è data è che il canto di per sé non è indispensabile in modo assoluto come lo sono i volti, le preghiere, le parole ed i gesti della liturgia, ma senza
il canto, alcune dimensioni importanti della liturgia rimarrebbero mute e soffocate. E questo perché il canto coinvolge emozione e sentimento di una persona e rafforza l’unità dell’Assemblea.
Inoltre, compito dell’animatore del canto assembleare è quello di introdurre, guidare, sostenere ed accompagnare il canto di tutti e di mantenere un repertorio misurato dallo spirito della Liturgia e dalle concrete caratteristiche dell’Assemblea.
Ersilia